Martedì, 02 Maggio 2017
Relatori conviviali

“IL MONDO E LA LETTERATURA CHE HO VISSUTO” - Juan Octavio PRENZ (*)

Agganciandosi ad un piccolo lapsus del Presidente Fredi Luchesi – che nell’introdurre il relatore lo ha erroneamente chiamato Juan Antonio Prenz – il relatore dice di essere stato amico di Octavio Paz e che, su una rivista letteraria fiorentina la sua opera è stata illustrata come prodotto di Juan Antonio Paz. È convinto che il nome in realtà sia qualcosa di estremamente fortuito. Nessuno sa esattamente le ragioni per le quali gli è stato attribuito un certo nome: il nome in generale rappresenta la storia di qualcun altro: il padre, la madre, la famiglia. Personalmente non conosce l’origine del proprio nome ed è per questo che sottolinea di ritenerlo fortuito. Intende dedicare questa sua breve conversazione al suo rapporto con il Mondo e con la letteratura.

Il Presidente gli ha chiesto se parlerà di poesia. In realtà intende parlare di molte cose, ma non ritiene sia una cattiva idea cominciare dalla poesia. È colpito dal fatto che il Presidente sia un ingegnere e tuttavia manifesti interesse per la poesia. Il relatore è infatti molto attento più che ai poeti a coloro che si interessano alla poesia, più che alla poesia di autori celebri alla poesia dei non poeti di professione. È infatti convinto che la poesia nasca dalla felicità e dalla disperazione che si provano nell’ambito di una vita normalissima. La poesia è l’ultimo luogo dove si trova la grande felicità o la grande disperazione. In Argentina sono state svolte alcune ricerche nelle carceri clandestine e, in particolare, sui graffiti rinvenuti nelle celle di detenzione. Risulta che la stragrande maggioranza dei giovani che sono andati a morire hanno scritto versi. Allora ci si deve chiedere perché il discorso che si fa alla fine è poetico? Perché vengono a mente versi quando, per esempio, ci muore una persona cara? Quando il Napoli di Maradona ha vinto il campionato italiano il giorno dopo sono comparsi sui muri di Roma decine di migliaia di versi.  In realtà ognuno di noi nella vita ha questa sorta di sensazione poetica. Non è cosa che si verifica proprio tutti i giorni, ma può comunque accadere spesso di avere un’ispirazione poetica. Da dove nasce esattamente la poesia? Il verso nasce non poeticamente. Tutte le civiltà che non avevano la scrittura conservavano la conoscenza, la notizia, attraverso il verso che aveva la caratteristica di poter essere memorizzato facilmente per il fatto di essere cadenzato. Quindi il verso, prima forma poetica, costituisce la rappresentazione orale in mancanza di scrittura.

La metafora è la forma più utilizzata nella letteratura, ma precede il linguaggio. Per esempio la parola “testa” non deriva da “caput” (che in latino significa appunto testa o capo), ma da una parola che esprima il concetto di pentola di coccio... un’evidente metafora. Un altro esempio di metafora è il verbo spagnolo “llegar”, che viene dal termine “piegare”, perché quando la nave arrivava in porto si “piegavano” le vele. Il verbo llegar esprime il concetto di arrivare e infatti significa “arrivare”.

Il relatore ritiene che nessuna parola sia nata direttamente, ma che sia originata da una metafora. Personalmente non crede nel grande mito della poesia, ma nella presenza quotidiana della poesia. Tra i lavori che ha svolto da giovane, ricorda di aver fatto l’impiegato in uno studio contabile. Anche lì ha esercitato la poesia, che si esprimeva quando il dare e l’avere coincidevano. Questa situazione gli dava una sensazione di profonda gioia. La poesia è per il 5% ispirazione, per il 95% lavoro. Legge i versi della poesia “Conti chiari”, che esprime un concetto poetico: nella contabilità dei giorni, ogni giorno in più rappresenta anche un giorno in meno nel complesso della vita.

 

(*) Juan Octavio Prenz, intellettuale e poeta di origine argentina, in esilio a Belgrado a partire dal 1962 dove ha vissuto a lungo insegnando lingua e letteratura spagnola prima di trasferirsi a Trieste, dove avrà un incarico di insegnamento presso l’Università di Trieste.