Martedì, 21 Marzo 2017
Relatori conviviali

Prima di cominciare la sua relazione, il relatore dà la parola alla musica, facendo ascoltare un brano eseguito al pianoforte da Duke Ellington, seguito da un pezzo suonato al sassofono da uno dei componenti dell’orchestra del “Duca”, Harry Carney ricordando che con Duke Ellington hanno suonato ottimi musicisti, tra l’altro molto fidelizzati, tanto da rimanere nel complesso musicale da un minimo di 25 anni a più di 40 anni.

Duke Ellington è stato uno dei più grandi musicisti del secolo scorso. Ha scritto anche brani di musica sacra e molta della sua produzione può a pieno titolo definirsi classica. Nato nel 1889 a Washington, era figlio di un maggiordomo della Casa Bianca che in epoca di segregazionismo era forse il top al quale potesse ambire un uomo di colore. È evidente che questo ruolo implicasse un certo senso dello stile e dell’eleganza e che queste qualità siano state trasmesse anche al figlio. A 15 anni Duke frequenta un compagno poco più vecchio di lui, che si autodefinisce “Prince/il Principe” e ben presto, sull’esempio del suo amico, anche lui prenderà il nome di “Duke/il Duca”, a voler sottolineare la caratteristica di nobiltà che la gioventù creola americana esprimeva attraverso l’atteggiamento e l’abbigliamento afro-dandy. All’epoca tra i musicisti di colore serpeggia un forte senso di rivalsa. Duke a 19 anni mette in piedi la prima band. Sull’elenco telefonico di Washington è presente il nome di Duke Ellington che si autodefinisce “imprenditore di se stesso”. Quasi subito si trasferisce con la band a New York e dal ’23 al ’31 avrà un contratto continuativo con il “Cotton Club” dove gli viene data carta bianca mettendogli a disposizione alcune bellissime ballerine (la regola estetica prevista dal Club per la selezione delle ballerine era il così detto 1 su 8, cioè la regola che le ballerine creole dovevano avere non più di un ottavo di sangue nero). Il Cotton Club è gestito da un gangster dotato però di gusto oltre che si senso degli affari ed è un locale per bianchi. Solo nel ’29 al Club è ammesso anche pubblico di colore. 

Duke disegna e si fa confezionare il gessato, gli piace molto il blu, perché gli ricordo il blues. Vi siete mai chiesti perché si parla del Blues al singolare? I Blues sono gli spiriti delle foreste africane. Per scacciare la tristezza che portano, il musicista “li suona”. Duke scrive oltre 1.300 brani, i neri lo accusano di integralismo ma la verità è che si tratta di un musicista eclettico e ricco di sfaccettature, estremamente serio come esecutore e compositore.

Molti sono i musicisti che hanno suonato con lui, nella sua orchestra e si tratta di musicisti raffinati. Certo Duke non è un democratico: durante gli spostamenti lui viaggia in macchina con autista mentre i colleghi viaggiano su un pullman. Negli anni ’50 è famosissimo. L’eleganza e lo stile che lo caratterizzano sono sinonimi di sostanza e precisione. L’eleganza infatti ha a che fare con equilibrio e proporzione. Classicismo, raffinatezza e musica colta sono il prodotto di questa sostanza e precisione. Si narra che quando Stravinskij, personaggio dal carattere non certamente facile, visitò New York, avuta la possibilità di ascoltare un’esibizione di Duke commentò: “avrei voluto essere io a scrivere il lato B di Sofisticated lady”.

 

Martedì 21 marzo il musicologo, musicista e docente Marco Maria Tosolini ha incentrato il suo intervento su Edward Kennedy Ellington (Washigton,1899 - New York,1973), universalmente detto "Duke", che è stato uno dei più grandi musicisti del Novecento. Non del Novecento afroamericano, ma di tutto il Novecento musicale occidentale. Non tanto e non solo perché, prese le mosse dal jazz d'intrattenimento (che è la sua vera e originale funzione), nella maturità declinò la sua arte anche alla musica cosiddetta "colta" e sacra quanto perché il suo linguaggio - un unicum a 360° - influenzò e colpì l'immaginario di musicisti delle culture più diverse: da Igor Stravinsky a Miles Davis, da Gil Evans a Prince. Oltre a ciò fu capace di porre in essere una poetica di straordinaria ricchezza tenendo uniti archetipi africani (ancorché esteticamente dissimulati) con soluzioni di sorprendente modernità e originalità. La sua passione per l'estetizzazione metamusicale (abbigliamento, scenografie, gestualità dei performers) lo pongono come un riformatore del senso dello spettacolo stesso. La conversazione, arricchita da documenti audio-video di frammenti di concerti ellingtoniani – la musica del “Duca” è anche “da vedere” – ha preso le mosse dalla formazione di stile avvenuta a Washington fino all’epoca d’oro del Cotton Club (1927-1931), vero laboratorio dove Ellington ha maturato l’unicità della sua poetica per proseguire con la metamorfosi della aurea maturità, fino alle soglie della musica di scena per teatro, colta e sacra. Last but not least la “chiusura del cerchio” è avvenuta prendendo in esame anche le influenze e declinazioni del raffinato e intenso senso dello show che Ellington ha sparso fra collaboratori poi maturati artisticamente in modo autonomo: dal mitico cantante e performer Cab Calloway agli inarrivabili tappers Nicholas Brothers.

I presenti sono rimasti molto coinvolti dagli ascolti e dai video proposti, in particolare dalla gioia che questi musicisti trasmettevano durante le loro performances: una gioia che nasce dal far musica come spinta vitale, dal vivere l'atto musicale come qualcosa che si vuole trasmettere in tutta la sua forza evocatrice, senza barriere tra il cuore, la mente e lo strumento musicale attraverso il quale ci si esprime. Le domande dei presenti si sono incentrate proprio su questo aspetto della musica e del far musica, come scelta di vita che coinvolge l'intera giornata (lo studio e la perfezione tecnica sono infatti imprescindibili per agire così liberamente!) e l'intero mondo creativo dei vari notissimi protagonisti, di cui Tosolini ha tracciato un breve ma significativo profilo.

 

Marco Maria TOSOLINI è professore di Storia ed Estetica della Musica al Conservatorio "G. Tartini" di Trieste, dove fa parte del Consiglio accademico. È docente presso i corsi di ARTEM, alta scuola specialistica di formazione di musicoterapisti. Ha collaborato e collabora con prestigiosi Istituzioni e Fondazioni liriche (Bologna, Venezia, Roma, Modena, Siena, Parma) e svolge attività di conduttore e regista in campo radiofonico e televisivo con la RAI e strutture private. Come critico musicale e culturale ha collaborato con testate nazionali e ora collabora al Gazzettino. Ha collaborato con le università di Bologna, Roma Tre, Rouen, Trieste, Udine e Venezia, e ha diretto i Laboratori Interscolastici di Istruzione e Sperimentazione Musicale. È drammaturgo – autore di una ventina di testi teatrali realizzati anche per la RAI, Mittelfest e Festival di Spoleto - e compositore, autore di musiche di scena, oratori, per balletto e di commento radiotelevisivo oltre che polistrumentista (batteria, percussioni, chitarra, tastiere, flauto). È membro del consiglio d’amministrazione di una importante fondazione di origine bancaria e della commissione nazionale per la comunicazione dell’ACRI. Fra i premi e le onorificenze ricevute nel 2007 gli è stato conferito il titolo di socio corrispondente dell’Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Udine, fondata nel 1606, per alti meriti culturali.