Martedì, 21 Febbraio 2017
Relatori conviviali

"LA PIETRA E LA FOGLIA: ALTERNANZE STILISTICHE NELL'ARCHITETTURA E NELL'ARTE"

 “Questa sera vi esporrò alcune mie considerazioni su un aspetto poco indagato nella storia dell’architettura e dell’arte. Dico poco indagato perché, per rimanere in ambito italiano, ci si è soffermato solo qualche grande storico dell’arte come il compianto Roberto Longhi nei primi anni del ‘900 (cito tra tutti il suo saggio del 1914 – “Breve ma veridica storia della pittura italiana”) ed il nostro indimenticabile Mario Praz nei suoi studi critici paralleli tra letteratura ed arti visive.

La natura di queste indagini erano i così detti patterns strutturali che si sono via via affermati nel corso della storia. Patterns intesi come modelli, schemi ricorrenti, strutture ripetitive.

Io sono partito da un dato di fatto, la mia non è una teoria: è una constatazione.

Accade una cosa molto particolare, che coinvolge l’architettura ed anche le arti figurative: nella storia dell’arte occidentale sussiste un’alternanza fra le architetture con caratteristiche zoomorfe o vegetali (foglia) e le architetture con caratteristiche materiche o minerali (pietra). Queste due caratteristiche - che ho sintetizzato appunto nei due termini “Pietra” e “Foglia” -  ritornano ciclicamente attraverso i secoli pur con le varie diversità e ragioni di essere ed interessano, come vedremo, anche le arti figurative.

I periodi sono estremamente vari per durata. Il diagramma che vi ho mostrato è un semplice schema, non ha valore scientifico: i caratteri stilistici del periodo bizantino durano quasi mille anni, si sovrappongono e si intrecciano con il romanico e con l’arte medioevale.  Il liberty è un soffio: dura due decenni.

Poi qui non trovate l’architettura futurista, il costruttivismo, il postmoderno ecc.  Ho dovuto - come si suol dire – semplificare, cioè “compattare”, ma questo per essere il più chiaro possibile altrimenti si rischia di disperdere in mille rivoli la sostanza delle cose. Prendete quindi il mio intervento come una serie di appunti.

È opportuno sottolineare che tale alternanza di caratteristiche simili non si ripete mai uguale: non è un’alternanza ciclica, è rettilinea.

Quali sono questi caratteri comuni? eccoli:

PIETRA: rigidità geometrica, staticità, solidità, pieno, opacità, simmetria, orizzontalità, in genere tendenza delle forme ad ancorarsi verso il basso.

FOGLIA: deformazione plastica, dinamismo, fragilità, vuoto, trasparenza, asimmetria, verticalità, in genere tendenza delle forme a svilupparsi verso l’alto.

È uno schema molto sintetico (la tassonomia, la necessità di classificare, è un’altra caratteristica antropologica di noi esseri umani). Quindi, estremizzando, è come se i caratteri stilistici tendano a far sì che l’opera tenda ad essere:

  • Ancorata a terra, oppure
  • Liberarsi verso lo spazio.

Questa antinomia ricorre spesso, come se riflettesse la nostra condizione umana dell’essere sospesi tra terrestrità e spiritualità.

Vi faccio ora un pratico e sintetico esempio di quanto vi sto esponendo. Come potete vedere, isolando un elemento semplice (un arco di una finestra, un portale, ...) desunto dai diversi periodi e stili storici, ci si accorge dell’alternanza stilistica che vi ho accennato: l’arco romano a “tutto sesto” (schiacciamento verso il basso), l’arco bizantino slanciato, il romanico torna a tutto sesto, il gotico a sesto acuto (tende a slanciarsi verso l’alto), il rinascimentale si “riabbassa” e via così fino al Liberty, al moderno. Nel moderno scompaiono gli archi: ci sono semplici trabeazioni lineari che poi si trasformano nel contemporaneo in forme sinuose.

È come se esistesse una sorta di regola non scritta, sottaciuta, antropologica, connessa alla nostra stessa natura umana, che ci porta a modificare le nostre espressioni artistiche con una ciclicità di parametri simili.

A cosa sono dovuti questi cambiamenti?  È una domanda semplice che impone una pluralità di risposte, molto complesse. La cosa curiosa, ad esempio, è che delle volte questi cambiamenti sono stati provocati da fattori esterni all’area culturale europea: ci sono state delle spinte artistiche innovative che, nella maggior parte dei casi, sono venute da paesi del vicino o lontano oriente (Persia, Cina, India, ecc.).

Preciso che mi sono attenuto alla sola arte e architettura occidentale. 

Perché questo? Perché l’arte occidentale è stata quella più soggetta a cambiamenti, mutazioni, per ragioni storiche: le grandi rivoluzioni sociali (francese, russa, i moti sociali dell’Ottocento e Novecento, ecc.), le rivoluzioni industriali e quelle scientifiche.

Questo è un dato di fatto storico: dove non ci sono stati mutamenti sociali, non c’è cambiamento nell’Arte, non c’è avanzamento. L’Arte è specchio della Storia, non viceversa.

Ora vedremo degli esempi per immagini. 

Concludendo: come abbiamo visto c’è un’alternanza stilistica con delle sue “regole” intrinseche – chiamiamole così – che fanno sì che ci sia una ciclicità di caratteristiche formali che ritornano con costanza attraverso i secoli.

L’alternanza avviene sulla base di un meccanismo complesso ed è dovuto ad una molteplicità di fattori: sociali, economici, politici, ecc.

Ogni cambiamento avviene comunque per “rottura” della norma estetica vigente in un dato periodo storico per cui si genera una sorta di “disordine” che porta ad una nuova forma artistica, ad una nuova norma, e così avanti. La norma deve quindi essere “rotta” – diciamo così – per poter generarne una nuova.

Ad esempio l’architettura bizantina si è formata sulle ceneri dell’Impero Romano antico, della sua caduta e del suo disfacimento ed è stato influenzato dal vicino oriente, dalla cultura ellenistica.

Il Medioevo si è generato sulla caduta dell’Impero Romano d’Occidente e sugli influssi dell’arte orientale, dei commerci con il vicino ed il lontano oriente e dell’invasioni mongole.

Il Barocco si è generato sulle incertezze create dal protestantesimo, la riforma e la controriforma, sulle incertezze generate dalle nuove scoperte scientifiche che hanno sconvolto la visione del mondo antico (Keplero, Copernico, ecc.), sugli sconvolgimenti determinati dallo scontro tra Islam e Occidente, ecc.

Il moderno è stato generato dalla nascita del pensiero scientifico, dalle rivoluzioni sociali del ‘700 – ‘800 (Rivoluzione francese ed americana, moti indipendentisti, guerre di secessione, ecc.).

Il ‘900 ed il contemporaneo da ben due guerre mondiali con l’esperienza tragica delle dittature e del nazismo.

Ritorna metaforicamente il mito delfico: durante i riti sacrali il tempio di Apollo (quello in legno dei primordi) doveva essere distrutto per essere poi ricostruito.”

 

Stefano BRONZINI, nato a Venezia nel 1953, si laurea in architettura nel 1978 presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Iscritto all'Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Trieste dal 1979.

È libero professionista, associato dello studio ARTEMA dal 1979 che opera nei settori dell’edilizia civile, del restauro e recupero edilizio, delle strutture, delle infrastrutture urbane e della pianificazione urbanistica. Svolge la professione occupandosi precipuamente di progettazione edilizia e direzione lavori di opere pubbliche e private. Esperto, con numerosi lavori eseguiti, nel settore del restauro e recupero degli edifici sottoposti a vincolo monumentale.

È membro del Comitato di Redazione della rivista “Rassegna Tecnica del Friuli Venezia Giulia” dal 1987 al 2010 e del Consiglio dell'Ordine degli Architetti di Trieste dal 1984 al 1988.

Opera in campo artistico da decenni e continua ad approfondire le tematiche del rapporto tra immagine, luogo e scrittura. Ha tenuto mostre personali e collettive in diverse città italiane ed ha promosso anche delle performance multidisciplinari con la partecipazione di altri artisti, musicisti ed attori. Accanto alla produzione pittorica, ha creato delle opere polimateriche, suggestioni delle ancone d’altare nord europee del ‘400.

Negli ultimi anni ha tenuto una serie di spettacoli dal titolo Letture nei quali recita dei suoi testi poetici ispirati a delle opere di artisti di varie epoche. Le immagini delle opere vengono proiettate a grande dimensione, in una lettura innovativa, fortemente emozionale e personale. Gli spettacoli si sono tenuti nel 2012 e nel 2013 a Trieste e nel 2014 a Palazzo Belgramoni Tacco a Capodistria, sede del Museo Regionale, nel 2016 a Trieste su invito del FAI – Delegazione di Trieste – in occasione del Trentennale dell’associazione.

La sua ultima personale nel 2010, “Memorie inutili” - ispirata all’attentato dell’11 settembre 2001 - si è svolta alla Conestabo Art Gallery di Trieste con la partecipazione dell’attore Maurizio Soldà. “Adversus Astutiam”, si è tenuta nel 2006 al Faltwerksalon di Trieste in occasione della quale ha esposto dei piccoli gruppi di sculture in terracotta smaltata, simboli di denuncia dell’astuzia quale odierno metodo di sopraffazione.

Al tema del corpo, visto come “una parola non detta, una realtà non completa, che rimanda ad altro”, ha dedicato ben tre mostre: la prima nel 2000, “Transustanziazioni”, allo Spazio Actis di Trieste, accompagnata da una performance teatrale di Mabel Guitian, la seconda nel 2001 a Venezia, “The distant body”, nello spazio suggestivo della chiesa sconsacrata di San Leonardo e la terza, “Ad manus, ad pedes”, nel 2002 presso la Fondazione “G.de Banfield” a Trieste sulla base di una partitura musicale di Buxtehude. Nel 1998 ha tenuto una sua personale dedicata al tema delle icone presso lo Studio Cusenza alla Filanda Motta di Treviso, accompagnata da una performance musicale di Aleksander Rojc.

Il tema delle icone, già indagato in una precedente esposizione al Teatro Pasolini di Cervignano, è stato in questa occasione rivisto quale porta simbolica di accesso al mondo metafisico delle immagini.

Appassionato cultore e conoscitore della storia dell’arte veneziana ha organizzato numerose visite in diversi siti di interesse storico-artistico nella città di Venezia dal 2000 ad oggi, approfondendo gli aspetti emozionali e riconsegnando la storia dell’arte nel grembo della poesia. Nel 2013 per la prima volta ha fatto rieseguire in loco la partitura musicale del ‘400 dipinta dal Carpaccio nei teleri della Scuola Grande di San Giorgio a Venezia.